La Necropoli di Pantalica
Situata nelle pieghe dei Monti Iblei circa 40 km a ovest di Siracusa, Pantalica è la necropoli rupestre più grandiosa e scenografica della Sicilia, costituita da migliaia di tombe scavate nella roccia in cinque punti diversi lungo i versanti della profonda gola in cui scorre il fiume Anapo.
In ciascuna tomba sono stati rinvenuti più scheletri, il che fa pensare che un tempo in quella che ora è in gran parte una zona selvaggia dirupata vivessero migliaia di persone.
Questo luogo straordinario è un po’ difficoltoso da visitare con mezzi pubblici, mentre in auto è una deviazione facile e ben segnalata lungo il tragitto per Ragusa e Catania.
Le tombe sono suddivise in cinque necropoli distinte: le più antiche, a pianta ellittica, sono la necropoli nord-ovest, quella nord (la più spettacolare) e il gruppo centrale della necropoli sud, datate al XII e XI secolo a.C.; le altre, a pianta rettangolare, risalgono al IX e VIII secolo a.C.
L’altopiano roccioso di Pantalica s’incunea tra le profonde e strettissime valli del fiume Anapo e del Calcinara, dominandone la confluenza e incombendo sulle due gole con le sue altissime balze scoscese a strapiombo, nelle quali sono scavate le tombe a grotti cella artificiale che le fanno assomigliare ad un alveare.
Il sito fu utilizzato inizialmente fra il XIII e il X secolo a.C., tarda età del Bronzo, dai rifugiati siculi provenienti dalla costa. Si pensa che questo altopiano dopo l’VIII secolo a.C. sia stato il sito di Hybla, il cui re invitò i greci megaresi a colonizzare prima Thapos e poi Megara Hyblaea; di quell’epoca sono visibili alcuni resti, che però impallidiscono di fronte alle 5000 tombe ricavate nelle pareti stupende, selvagge gole sottostanti: è soprattutto a queste necropoli rupestri che si deve il grande fascino di Pantalica.
In alcune sono state scoperte tracce di parecchi scheletri, appartenenti probabilmente a membri della stessa famiglia, altre mostrano tracce che indicano che le stesse grotte furono utilizzate come abitazioni trogloditiche rupestri, probabilmente in un periodo molto posteriore, quando i siracusano furono costretti a rifugiarsi nell’entroterra per difendersi dalle incursioni dei barbari.
L’inglese Vincent Cronin nel suo The Golden Honeycomb scrisse: “E’ la Sicilia dell’età della pietra, un’epoca in cui le uniche occupazioni erano procacciarsi il cibo e seppellire i morti”. Per Cronin il libero gioco della natura di questa gola incarna il particolare contributo della Sicilia alle meravigliose opere dell’uomo di cui in seguito i conquistatori arricchirono l’isola.
La strada termina in un parcheggio nei pressi dell’ingresso della necropoli nord, la più spettacolare, a 6 km da Sortino. Una mulattiera attraverso un tavolato e scende al fiume per poi risalire sulla sponda opposta.
Circa a Metà della discesa al fiume s’incontra la “grotta dei pipistrelli”, una cavità lunga 270 m nella quale vivono numerose specie di pipistrelli. Si vedono anche le tombe che, che all’inizio punteggiano a gruppi le pareti rocciose della gola e alla fine tappezzano l’intera superficie della roccia; le grotte artificiali che le contengono furono scavate nelle balze a strapiombo delle pareti rocciose, e il loro grande numero crea un’atmosfera misteriosa di grande suggestione.